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POVERI MA BELLI di Dino Risi (1956)

Se il neorealismo porta sullo schermo l’italiano popolare e la lingua parlata dalle classi sociali più basse con l’intento preciso di imitare e riprodurre la realtà così com’è, il cinema degli anni successivi ricorre al dialetto con intenti più caricaturali e stereotipati. Sono gli anni in cui si afferma il filone della “commedia all’italiana”, incentrato sull’osservazione critica e umoristica della società italiana di quegli anni.

Si afferma un modello di parlato che inaugura una tradizione che dura fino ai nostri giorni, quello di un italiano sostanzialmente standard ma arricchito di numerosi elementi dell’italiano colloquiale soprattutto della varietà romanesca: una varietà vagamente dialettale ma comprensibile (e gradita) a tutti anche per gli effetti comici che essa produce.

Un esempio di questa tendenza è appunto Poveri ma belli di Dino Risi del 1956.

Il film è ambientato nella Roma degli anni Cinquanta. Protagonisti sono due giovani spacconi e attaccabrighe, amici da una vita, Romolo e Salvatore. Romolo fa il bagnino in uno stabilimento lungo il Tevere mentre Salvatore è commesso in un negozio di
dischi. Nonostante le loro due sorelle siano innamorate l’una del fratello dell’altra, l’arrivo nel quartiere della bella Giovanna farà saltare tutti gli equilibri: i due giovani bulletti romani si ritroveranno ben presto rivali in amore ma cambieranno atteggiamento quando apparirà in scena Ugo, un ex fidanzato che Giovanna non ha mai dimenticato.

Un film “leggero” se confrontato ai film neorealistici ma che ben rappresenta il momento di passaggio che la società italiana vive in quegli anni: dalla miseria della guerra e del dopoguerra si passa lentamente a un benessere e a un ottimismo che costituiscono il filone
principale del cinema di quell’epoca.

Il film sarà proiettato lunedì 13 novembre alle ore 19 nella Sala Polifunzionale dell’Istituto Italiano di Cultura (Teatral’naja Ploshad’ 10) in italiano senza sottotitoli.

  • Organizzato da: Lettore di lingua italiana Prof. Francesco Filipperi
  • In collaborazione con: Istituto Italiano di Cultura di San Pietroburgo